DA ASCOLTARE
Il forte rimbombo dell’acqua della cascata che si getta con forza dentro una sorta di antro scuro, illuminato dal basso dal riverbero dell’acqua fredda e limpidissima.
DA VEDERE
Le antiche opere degli uomini, che incanalavano l’acqua nella roggia per portarla al mulino, dove macinavano il mais per la polenta e producevano energia elettrica.
“Questo sì lo tengo per ricordo, se andrà bene…”, così pensò il giovane Claudio nell’acquistare dalla famiglia Paganin, proprietaria del mulino di Gena Bassa, il biglietto n. 2157 della “Cascata della Soffia” al costo di 52 lire.
Era arrivato in Canal del Mis a bordo della sua Vespa 150 più contento del solito perché stretta a lui portava Anna, quella bella ragazza che aveva incontrato mentre portava i secchi alla fontana.
In Canal del Mis i due innamorati fecero come i turisti dell’epoca, invitati a fermarsi dal grande cartellone posto lungo la strada.
Arrivati al mulino della Soffia, mosso dalle acque del torrente che venivano utilizzate anche per alimentare una centralina idroelettrica che forniva luce alle case vicine, si percorreva una stradina attraverso un cancello per ammirare la cascata, che si preannunciava da lontano con un fragoroso rimbombo.
Fu Francesco Doglioni, nato nel 1898 a Susin di Sospirolo e comproprietario di quello che veniva chiamato l’Hotel di Canal del Mis, ad attrezzare l’anfratto naturale, dove l’acqua precipita con un salto di circa 15 metri. Un ponticello ed alcuni passaggi scavati in piccole gallerie permettevano ai visitatori di
ammirare la forza dell’acqua sia dall’alto sia alla base della cascata, protetta da ringhiere che venivano ornate con rami di pino mugo e fiori freschi. L’ambiente era ideale per romantiche passeggiate. Quel giorno a Claudio andò bene, come aveva sperato, e da allora tornò ancora ogni anno in Canal del Mis con
la sua Anna, custodendo nel cuore i ricordi e in un cassetto di casa quel biglietto che si era ripromesso di conservare per sempre.